Alberto Manzi nasce a Roma il 3 novembre del 1924, nel rione Borgo, da Ettore Manzi, tranviere e da Rina Mazzei, impiegata presso gli uffici annonari del Vaticano. Nel 1927, a seguito di uno sfratto, viene loro assegnata una casa popolare a Piazza Bologna; nel 1928 nasce la sorella Elena.
Dopo essere riuscito, grazie all’aiuto paterno, ad evitare l’arruolamento, rifugiandosi presso la sede romana dell’ordine dei Cavalieri di Malta, nel 1944, a seguito dello sbarco degli Americani, Alberto si arruola in marina come volontario presso il Battaglione San Marco, alleato all’VIII Armata inglese, terminando il servizio nel 1945.
Nel 1942 consegue il diploma magistrale e quello dell’Istituto nautico, proseguendo gli studi universitari: si laurea dopo la fine della guerra in biologia e successivamente in pedagogia e psicologia.
Dal 1946 al 1947, al suo primo incarico insegna presso il Carcere minorile Aristide Gabelli: esperienza che segnerà profondamente la sua carriera di maestro.
Nel carcere non aveva infatti alcun supporto didattico, né libri, né matite, né quaderni. Ciò nonostante riesce a parlare al cuore dei ragazzi ed a conquistarne la fiducia, sebbene il gruppo fosse molto eterogeneo, in quanto composto da circa 90 ragazzi dai 9 al 17 anni e mezzo, e coinvolgendoli nella creazione del primo giornale creato in carcere, La Tradotta.
A seguito di tale esperienza, nel 1950, essendosi interrogato molto profondamente sul tema della libertà, pubblica con Bompiani Grogh: storia di un castoro, la sua prima opera tradotta in 28 lingue. Nel 1954 Manzi scrive Orzowei che nel 1956 vince il Premio internazionale “H.C. Andersen” e viene tradotto in 32 lingue.
Dal 1955 al 1987 si recò ad intervalli regolari nella foresta amazzonica, dapprima con un incarico dell’Università di Ginevra per condurre ricerche scientifiche sulla bio-diversità e poi per insegnare a leggere e a scrivere agli indios. Diede anche impulso a cooperative agricole, indirizzò i contadini verso piccole attività imprenditoriali. Accusato dalle autorità di essere un guevarista, e di essere in combutta con i ribelli, fu imprigionato, torturato e dichiarato persona non gradita, continuò a recarsi in sud-America clandestinamente.
Dal 1954 al 1987 Alberto Manzi insegna presso la scuola Fratelli Bandiera di Roma e nel novembre del 1960 viene inviato dal suo direttore didattico a fare un provino alla Rai, che era in cerca di un maestro per un nuovo programma per l’istruzione degli adulti analfabeti.
L’originalità del suo provino è notevole e colpisce tutti tanto che gli viene affidata la conduzione di Non è mai troppo tardi, trasmissione che durerà fino al 1968, considerata uno dei più importanti esperimenti di educazione degli adulti nel mondo, conosciuto e citato nella letteratura pedagogica internazionale, innovativo nell’impianto organizzativo, nello stile di conduzione e nel linguaggio didattico. Indicato dall’Unesco come uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo e premiato nel 1965 a Tokyo.
Il maestro Manzi diventò così “il maestro degli italiani”: circa 1 milione e mezzo di italiani analfabeti riuscirono, guardando la trasmissione ed esercitandosi con l’aiuto dei maestri inviati dal Ministero sul territorio, a sostenere l’esame di licenza elementare.
Non insegnavo a leggere e scrivere: invogliavo la gente a leggere e a scrivere
(Alberto Manzi)
Il 13 settembre 1961 viene nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Nel 1994 fu eletto sindaco di Pitigliano, ed in questo incarico si può vedere il completamento del suo assiduo impegno sociale e civile, che è filo rosso caratterizzante di tutta la sua vita.
Muore a Pitigliano il 4 dicembre del 1997.